Frammenti di pura luce e colore guizzano improvvisamente dalle sue
tele per condensarsi in campi e cespugli fioriti incredibilmente espressivi,
dove valenze reali si fondono a quelle simboliche, il visto al vissuto,
il presente al passato. Che i fiori, soprattutto quelli spontanei,
comunichino una sensazione di armonia e piacevolezza è cosa
da sempre ampiamente nota, ma che fossero in grado di far vibrare
le corde più profonde e inespresse dell'animo umano inducendo
ad una meditazione inconscia e direi per fino inquietante, è
impresa da pochi. La luce pomeridiana e radente blocca i fiori di
Nino Aiello in una immobilità narcotizzante dalle suggestioni
metafisiche proiettando ombre violacee e tattili su terre argillose
e sabbie marine iridescenti. Il segreto sembra risiedere proprio in
quel sapiente gioco di luci ed ombre "impressioniste" che
gli esili arbusti protendono con decisione al suolo, nella loro capacità
di instaurare con l'osservatore un muto dialogo che ha il sapore della
chiaroveggenza.
E poi quel silenzio luminoso, totale, assoluto...
Proprio nel silenzio i fiori ti parlano rivelando la loro forza impressionante
e sconosciuta, l'Immanenza che conduce al trascendente e a Dio. E'
necessario che ogni altro rumore scompaia, perchè solo nel
silenzio più assoluto, essi diventano medium insospettabili
dell'universo.
Immobili e sovrani i fiori di campo, i piccoli arbusti, i cardi e
persino, l'umile cicoria diventano messaggeri di una bellezza vitale,
suprema e semplice.
Sono un floreale "alter ego" dell'uomo in perenne lotta,
come questi, contro i venti avversi della vita, l'aridità dei
sentimenti, lo scorrere inesorabile del tempo.
Alle cromie sgargianti dell'acrilico e alla plasticità delle
forme arboree si mescolano in una riuscitissima coralità
polifonica, essenze odorose che aggiungono consistenza realistica
al ricordo dei luoghi.
Visti o solo immaginati? o entrambe le cose...
La spontanea istintualità di Aliello si esprime in una elaboratissima
"regia" che convoglia e organizza i disordinati flussi
dell'animo secondo un preciso copione, dove nulla, neppure la collocazione
del più esile filo d'erba, è lasciato al caso e all'improvvisazione.
Tutt'altro. La disposizione di ciascun elemento, dal risultato apparentemente
casuale, è in realtà studiatissima dall'artista-regista.
Ne risulta un dosaggio perfettamente calibrato di colore, forme
e luce, una piena soddisfazione visiva e attraverso questa un tentativo
ricomposizione degli "aggrovigliati" contrasti interiori.
E di questa armonia ritrovata o perlomeno ricercata, l'agave rappresenta
idealmente la sintesi, il simbolo prediletto della forza severa
eppur delicata della Natura.
da: "Quando i fiori parlano all'anima - Il Saggio
marzo 2003
Nadia Parlante
|
|